Psicologisti - Diversità cognitiva

Pensiamo tutti allo stesso modo?

Per secoli i cacciatori inuit hanno navigato nel Mare Artico orientandosi in base alla neve e al cielo,  oggi usano i GPS, allo stesso modo in cui lo usiamo noi per raggiungere un ristorante o un albergo. Un tempo la popolazione aborigena dei Gurindji, che vive nel nord dell’Australia, aveva 28 varianti per indicare i punti cardinali, oggi i linguisti Felicity Meakins e Cassandra Algy1 hanno osservato che le nuove generazioni usano soltanto quattro espressioni, dimostrando una significativa perdita nella conoscenza del sistema cardinale, che non può essere semplicemente attribuita a un ritardo di acquisizione.
Molte soluzioni originali per interpretare il modo e veicolare la conoscenza, proprie di specifiche culture e tramandate per generazioni, stanno scomparendo, sostituite da paradigmi più semplici che spesso riflettono i principi della cultura occidentale e la diffusione delle nuove tecnologie. La globalizzazione sta dunque impattando sullo sviluppo delle nuove generazioni, riducendo dunque la diversità cognitiva presente tra la popolazione, ossia la gamma di modi diversi con cui il cervello degli esseri umani raccoglie le informazioni provenienti dall’esterno, le analizza, le conserva, le interpreta e le monta insieme per risolvere i problemi.

A ben guardare, non serve andare lontano per accorgersi che molte delle donne della mia generazione, io per prima, non sanno svolgere attività domestiche che occupavano la quotidianità delle nostre nonne. Io non so attaccare nemmeno un bottone, non so come togliere le macchie difficili dai vestiti e se non cerco una soluzione su Google, devo almeno telefonare alla mia mamma, che magari mi dice “Nonna faceva così…”! Che fine hanno fatto quelle conoscenze? Non ci servono più o abbiamo imparato a farne a meno?

Uno studio recente2, condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge, mostra come la crescita economica possa essere identificata come una delle cause principali della scomparsa di lingue minoritarie. Per motivazioni di utilizzo commerciale, una lingua può diventare dominante, e questa priorità può estendersi anche al contesto politico e sociale, per cui la popolazione potrebbe sentirsi costretta ad adottare la lingua dominante per non essere esclusa dalla vita del proprio Paese. 
A volte accade che proprio a seguito del riconoscimento di una lingua dominante, i sistemi educativi accantonino l’insegnamento diretto della lingua non dominante, allontanando le nuove generazioni da una parte importante del loro patrimonio culturale, che ha un riflesso sullo sviluppo della propria identità personale e sociale.
Le aree geografiche più interessate dal questo fenomeno sembrano essere l’Australia del Nord, il Nord-ovest di Stati Uniti e Canada, ma anche i tropici e le regioni dell’Himalaya che sono in rapida crescita economica così come Brasile e Nepal.
Abbiamo allora accantonato alcune conoscenze e dato la priorità ad altre che sono più importanti e più spendibili nella nostra quotidianità?

Nel 2010 è stato pubblicato uno studio intitolato The Weirdest People in the World?3 che ha destato molto scalpore nel settore delle scienze cognitive. Questo lavoro mostra come la maggior parte delle ricerche nell’ambito delle scienze comportamentali e della psicologia abbia sempre preso come riferimento la popolazione occidentale, tendenzialmente istruita e parte di società industrializzate, ricche e democratiche (Western, Educated, Industrialized, Rich, and Democratic ‒ WEIRD) considerandola come rappresentativa della popolazione generale, cosa che ovviamente così non è. A seguito di un’attenta revisione dei database di ricerca relativi alle aree di percezione visiva, cooperazione, ragionamento spaziale, categorizzazione, ragionamento inferenziale, ragionamento morale, stili di ragionamento, idea di sé, motivazione e profilo intellettivo, questi ricercatori hanno rilevato una sostanziale variabilità nei risultati tra le popolazioni, e che in particolare i risultati della popolazione WIRED sono insoliti rispetto a quello degli altri gruppi di popolazione.
I risultati degli studi di ricerca ottenuti su popolazione WIRED sono effettivamente applicabili alle popolazioni di tutto il mondo? Probabilmente no. Quindi fattori linguistici e culturali, l’appartenenza a gruppi di minoranza e la spinta alla globalizzazione, sono fattori dei quali va tenuto conto nello studio del comportamento umano e nell’interpretazione dei risultati di ricerca.
Se oggi la variabilità cognitiva è in diminuzione, si potrebbe ipotizzare che le differenze tra popolazioni e culture diverse fossero più visibili tra le vecchie generazioni, di quanto potrebbero esserlo tra le nuove generazioni. Sicuramente questo merita una riflessione da parte di chi si occupa di ricerca e studia del comportamento umano.

1Meakins, F., & Algy, C. (2016) Deadly reckoning: changes in gurindji children’s knowledge of cardinals. Australian Journal of Linguistics, 36(4), 479-501.
2Amano, T., Sandel, B., Eager, H., Bulteau, E., Svenning, J., Dalsgaard, B., Rahbek, C., Davies, R.G., & Sutherland, W.J. (2014). Global distribution and drivers of language extinction risk. Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, 281(1793).
3Henrich, J., Heine, S.J., & Norenzayan, A. (2010). The weirdest people in the world? Behavioral and Brain Sciences,33(2-3), 61-83.

Sara Zaccaria

Sara Zaccaria

Psicologa e psicoterapeuta, ha coniugato la passione per i libri e quella per la psicologia occupandosi dello sviluppo editoriale per Hogrefe Editore e svolgendo attività libero professionale con bambini e adulti.

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