Psicologisti - Sport e salute mentale

Sport e salute mentale

Recentemente, il ritiro di Naomi Osaka da Roland Garros 2021 ha portato all’attenzione dei media il tema della salute mentale nello sport.
La tennista si era rifiutata di partecipare alle mandatorie conferenze stampa previste dall’organizzazione del torneo dichiarando:

Divento molto nervosa e trovo molto stressante affrontarvi [riferito ai giornalisti] e dare la migliore risposta possibile. Qui a Parigi mi sentivo già vulnerabile e agitata, quindi ho pensato fosse meglio prendermi cura di me e saltare le conferenze stampa”.

Tra polemiche e attribuzioni di supporto da parte di esponenti illustri dello sport, la vicenda si è conclusa con l’annuncio del ritiro dal torneo.

Penso che ora la cosa migliore per il torneo, per gli altri tennisti e per il mio benessere sia che io mi ritiri, in modo che tutti possano tornare a concentrarsi sul tennis a Parigi”.

Il tema della salute mentale dei professionisti dello sport è ancora molto poco discusso. La voce di Naomi Osaka si è aggiunta a quella di altri illustri atleti, che hanno voluto condividere le proprie esperienze.

A partire da Kevin Love, giocatore dei Cavaliers che nel 2020 ha aperto il vaso di Pandora con una emozionante lettera pubblicata da The Player Tribune, la lista degli sportivi che si sono esposti sulla questione della salute mentale è più lunga: dal calciatore Héctor Bellerín, che è stato messo a dura prova dal recupero da un infortunio, a Gigi Buffon, fino a stelle dell’NBA come DeMar DeRozan, il primo a fare eco alle parole forti del collega dei Cavaliers, passando per Lewis Hamilton e Michael Phelps. 

È facile intuire che per l’immagine di uno sportivo di alto livello, ammettere di avere difficoltà, se non un vero e proprio disturbo psicologico, può essere percepito come un segno di debolezza.
Per contro, è indubbio che gli atleti sono esposti a numerosi fattori di stress legati alla loro professione: il rischio di infortunio, la gestione della fine della carriera, la vita sotto i riflettori, gli sponsor e tutti i risvolti economici.

Si pensa alla figura di successo e si perde di vista l’uomo.
La biografia di Andre Agassi, quella di Lance Armstrong o, per guardare in casa nostra, la fiction su Francesco Totti o il film su Roberto Baggio sono storie da cui emerge la figura umana che sta dietro all’immagine che le carriere sportive hanno rimandato negli anni.

Sul tema della salute mentale in ambito sportivo il gruppo di ricerca capeggiato dal Prof. Simon Rice ha condotto qualche anno fa una rassegna di ricerche1 in cui è emerso che gli atleti di alto livello incorrono in un rischio più alto di sviluppare disturbi mentali come ansia e depressione, rispetto alla popolazione generale. I risultati dei 60 studi presi in esame sull’argomento sono invece meno solidi rispetto all’incidenza su questa popolazione di altre categorie di disturbi, come quelli relativi al comportamento alimentare o all’uso di sostanze.
Nonostante il riferimento ad un numero limitato di studi, alcuni dei quali mostravano alcune carenze metodologiche, il gruppo del Prof. Rice conclude affermando che la popolazione degli atleti di alto livello risulta vulnerabile ad un’ampia gamma di problemi di salute mentale e questo potrebbe essere legato a fattori relativi allo sport (come un infortunio, l’allenamento eccessivo e il burnout) o di altro tipo.

Più recentemente, il Prof. Gorczynski e i suoi colleghi hanno condotto una meta-analisi2 prendendo in esame 5 articoli per un campione totale di 1.545 atleti di alto profilo e 1.811 non atleti. I risultati di questo studio hanno mostrato come i due campioni non differiscono rispetto ai sintomi riportati associabili a depressione media o severa, ma che le atlete di alto livello hanno una probabilità due volte maggiore dei colleghi maschi di riferire tale sintomatologia.
Gli autori riportano tuttavia che in precedenti studi è emerso come lo stigma associato alla depressione abbia spinto atleti di eccellenza ad ignorare o tentare di nascondere la sintomatologia depressiva e ad evitare di richiedere aiuto da parte di professionisti specializzati nel campo della salute mentale. È possibile inoltre che gli atleti professionisti abbiano la possibilità di accedere a training sofisticati che gli consentono di sviluppare capacità mentali che consentono loro di fronteggiare situazioni stressanti e rimanere focalizzati, sicuri, determinati e psicologicamente in controllo.

Il limite degli studi che hanno indagato temi di salute mentale nella popolazione degli atleti di alto profilo è il fatto che si basano su misure self-report e che dunque gli stessi risultati raccolti potrebbero risentire dello stigma legato alla salute mentale.

Sicuramente, è importante che il tema sia oggetto di discussione, che si raccolgano testimonianze, e che queste non provengano soltanto da chi ha già terminato la propria carriera sportiva ma anche da chi, come Naomi Osaka, sia disposta a mettere in gioco la propria immagine e lanciare un messaggio affinché della salute mentale se ne possa parare apertamente, in contesti sportivi e non.  

1 Gorczynski, P., Coyle, M. & Gibson, K. (2017). Depressive symptoms in highperformance athletes and non-athletes: A comparative meta-analysis. British Journal of Sports Medicine, 51, 1348-1354.
2 Rice, S.M. et al. (2016). The mental health of elite athletes: A narrative systematic review. Sports Medicine, 46 (9), 1333-1353.

Sara Zaccaria

Sara Zaccaria

Psicologa e psicoterapeuta, ha coniugato la passione per i libri e quella per la psicologia occupandosi dello sviluppo editoriale per Hogrefe Editore e svolgendo attività libero professionale con bambini e adulti.

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